4 marzo 2010, giovedì della 2° di Quaresima
Dal Vangelo secondo Luca cap. 16 vv. 19-31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma".
Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi".
E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti"».
“Hanno Mosè e i profeti”. Questa frase, usata da Abramo nei confronti del ricco che, dopo aver sempre vissuto in un lusso esagerato non prendendosi mai cura di un povero, Lazzaro, che mendicava alla sua porta, in questo contesto ha un forte contenuto polemico. Il ricco vorrebbe una “ambasciata speciale” rivolta ai suoi fratelli, per incitarli caldamente a cambiare strada. Abramo dice non soltanto che non è possibile, ma che sarebbe inutile e superfluo. Inutile, perché comunque non basterebbe a provocare un netto cambiamento di rotta della loro vita. Superfluo perché Dio ha già rivolto a tutti gli uomini l’appello alla salvezza, ha già comunicato la strada da percorrere, ha già assicurato la sua costante presenza, il suo incoraggiamento, la condivisione di qualsiasi nostro vissuto. “Hanno Mosè e i profeti”. Noi cristiani possiamo dire ancora di più: “Abbiamo Mosè e i profeti e soprattutto Colui che da loro è stato annunciato e prefigurato, Cristo Gesù”.
Staccandoci per un attimo dal contesto “giudiziario”, prendiamo questa frase per arricchire il nostro ringraziamento quotidiano, per poter esprimere a Dio la nostra gioia per averlo, da sempre e per sempre, come Padre, Fratello e Amico. Proviamo ad essere orgogliosi – perdonatemi il termine – del nostro Dio. Egli ci propone ogni giorno un progetto per il quale ci offre una assistenza completa. Soprattutto nell’ascolto della Scrittura e nella condivisione del suo Corpo, siamo spinti con grande forza ad andare avanti. Sì, le sfide che ci aspettano ci sembrano troppo grandi per le nostre forze. Ed è vero. Però è tutta un’altra cosa sapere di averLo accanto, che Egli sta combattendo al nostro fianco e non ci lascerà soli, indifesi in mezzo alla battaglia. Come ci ricorda un verso del magnifico salmo 91: “”Si, mio rifugio sei tu, o Signore!”. Tu hai fatto dell’Altissimo la sua dimora: non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le sue vie” (vv. 9-11). Oggi, prima di pensare a cosa fare per Lui – questo modo di pensare dovrebbe diventare quello di ogni giorno -, proviamo a gustare tutta la contentezza di avere Dio al nostro fianco, il nostro orgoglio di creature di avere un Dio che non ha paura di scendere al nostro livello, di farsi nostro servo ... con questa gioia alimentiamo il deposito della nostra fede ...
giovedì 4 marzo 2010
La gioia di averti accanto ...
Pubblicato da don Tonino alle 03:36
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