4 marzo 2010
Meditazione introduttiva
"Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto."
Ho scelto questi versi di Henry David Thoreau, scoperti attraverso il bellissimo film “L’attimo fuggente”, per accompagnare i primi passi del mio sacerdozio. Erano scritti sull’immagine-ricordo che fu distribuita a tutte le persone presenti alla mia prima Eucarestia presieduta nella mia parrocchia d’origine, “S. Maria delle Grazie” in Massa Lubrense. Li ricordo con gioia prima di tutto a me stesso, per rilanciarmi con spirito sempre nuovo nella grandiosa avventura del presbiterato. Li dono a voi questa sera, perché sono convinto che possano aiutarci ad aggiungere un altro pezzo al “puzzle” di una partecipazione consapevole e convinta ai riti della settimana santa. Le processioni non possono non essere che un cammino per trovare la vera saggezza, cioè la capacità di “spendere” il proprio tempo nei “fatti essenziali” della vita. Il cammino esteriore – il passaggio per le strade della nostra parrocchia con i segni della passione tra le braccia o le note degli inni della passione pronti ad uscire dalle nostre gole – è soltanto uno strumento per compiere un cammino interiore, per entrare in quel “bosco” che è il tuo cuore e mettere a fuoco, tra tutti gli alberi, quello che ti ha ridato la vita. E’ l’albero della croce, come ci ricorda un bellissimo inno della celebrazione del venerdì santo: “O croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso, un altro non v’è nella selva, di rami e di fronde a te uguale. Per noi dolce legno, che porti appeso il Signore del mondo!”. Una volta trovato l’albero della nostra salvezza, ci renderemo conto che esso è anche una scala per il cielo, per rispondere alla chiamata di Dio che tutti ci vuole intorno alla sua mensa. Questo è il passaggio fondamentale che siamo chiamati a compiere: dalla processione esteriore al cammino verso Dio, passando per una sincera processione interiore.
Hai scoperto dentro di te l’albero della croce? Hai trovato in esso sostegno ed incoraggiamento?
Meditazione sul primo segno: il gallo
Vangelo di Luca, cap. 22 vv. 54-62
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. 56Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: "Anche questi era con lui". 57Ma egli negò dicendo: "O donna, non lo conosco!". 58Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei uno di loro!". Ma Pietro rispose: "O uomo, non lo sono!". 59Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo". 60Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". 62E, uscito fuori, pianse amaramente.Nel cammino della nostra vita ...
Cosa fa il gallo? Tutti spontaneamente rispondiamo: “Canta!”. Il canto del gallo, nella lingua italiana, è un espressione idiomatica per indicare l’alba, cioè quando il buio della notte comincia a lasciare spazio al chiarore delle prime luci del giorno e l’orizzonte “si tinge” di un bellissimo colore rosaceo. In questo lasso di tempo, spesso anche prima, il gallo comincia a cantare. E’ un suono che diventa sempre meno familiare ai nostri orecchi. Chi vive in campagna o ha la fortuna di avere un po’ di spazio dove poter allevare polli, può fare riferimento anche ad un’esperienza quotidiana. Per la maggior parte di noi il canto del gallo è stato sostituito dai suoni elettronici delle nostre sveglie che, sempre troppo presto, ci avvisano che una nuova giornata sta per incominciare. Ci alziamo, ci prepariamo, usciamo di casa per le diverse attività che ci aspettano, facciamo i salti mortali per dare una risposta a tutte le nostre esigenze e a quelle delle persone che ci sono accanto. La giornata, volente o nolente, deve iniziare. Ma è iniziata davvero? E’ suonata quella “sveglia interiore” che mi chiama ad un nuovo giorno da vivere con la creatività del mio amore? Ho sentito la bellezza e la responsabilità di dover dare senso ad un nuovo giorno? Il canto del gallo, o il suono della mia sveglia, mi coglie pronto a plasmare l’argilla di un nuovo giorno oppure si scontra con la mia stanchezza, impreparazione, sfiducia? Quando il gallo canta il nostro cuore dovrebbe sussurrare sempre, ogni mattina: “Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore!” (Ct 5,2)
Alla scuola del Vangelo ...
Quando il gallo canta, Pietro finalmente si sveglia dal sonno. Si accorge di essersi allontanato dal cuore del suo Signore, si essersi perso nelle tenebre dell’autosufficienza, dell’incapacità di fidarsi. Aveva seguito Gesù “da lontano”. Non “da vicino”, come aveva fatto in tutti gli anni del ministero pubblico di Gesù, sempre pronto a seguire i suoi passi, a farsi portavoce degli apostoli per chiedergli chiarimenti e delucidazioni, addirittura per dirgli cosa era giusto fare e cosa non fare. Ma adesso, dopo aver visto Gesù dirigersi decisamente verso Gerusalemme, il suo arresto nell’orto degli ulivi, il suo netto rifiuto da parte sua di far ricorso alle armi per sfuggire alla cattura, non riesce a “stargli dietro”. Si allontana. E così perde anche consapevolezza della sua vera identità. Intorno ad un fuoco, viene incalzato dalle domande di persone che lo riconoscono. Risposta dopo risposta, si inoltra nel buio del peccato, si “addormenta”, chiude gli occhi alla vera luce. Prima nega di conoscere Gesù, poi di essere uno dei suoi discepoli, infine addirittura di essere un galileo. Come già preannunziato da Gesù, arriva alle sue orecchie il canto di un gallo. E finalmente si ridesta, sente il contrasto tra quel canto e la condizione del suo cuore, che è ancora abitato dalle tenebre. E piange. Quel torrente di lacrime apre nuovi varchi nel suo cuore, gli fa comprendere tante cose: la grandezza del sacrificio di Gesù, il suo essere “sole che sorge” per gli uomini di ogni tempo, la necessità di farlo diventare “punto di appoggio” per la “leva” della nostra vita. Quel canto è il segno di una nuova epoca, che chiede di essere vissuta con un cuore nuovo. “Il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire” (Ct 2,12). E’ urgente risvegliarsi dal sonno, andare verso di Lui: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!” (Ct 2,13).
Ogni mattino, sento soltanto la mia sveglia (una nuova giornata inizia!) oppure anche quella del Signore (un nuovo giorno per amare!)? Sento il contrasto tra il mio “dormire”, il mio “stare nelle tenebre” e la voce del Signore che mi chiama ad essere sveglio per donare, ad essere figlio della luce?
giovedì 4 marzo 2010
PASSI SCELTI Momenti di adorazione in preparazione alle processioni
Pubblicato da don Tonino alle 14:25
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